Che cos’è l’educazione civica digitale?

Una guida per mettere il digitale a servizio degli incontri in presenza in parrocchia.

Quando parliamo di media digitali, incontriamo spesso un’espressione che vorremmo approfondire insieme: educazione civica digitale.

Cosa si intende con questo termine? Lo affrontiamo all’interno del Tutorial WeCa di questa settimana. Per provare a definirlo, non possiamo che fare riferimento al Sillabo per l’Educazione Civica digitale, documento rilasciato da MIUR come integrazione delle Indicazioni Nazionali (e scaricabile dal sito Generazioni Connesse).

«Per educazione civica digitale non si intende (…) una riconversione dell’educazione civica ai tempi della rivoluzione digitale. Intendiamo piuttosto una nuova dimensione che aggiorna ed integra l’educazione civica, finalizzata a consolidare ulteriormente il ruolo della scuola nella formazione di cittadini in grado di partecipare attivamente alla vita democratica».

L’educazione civica digitale intende promuovere due aspetti importanti che tutti noi possiamo richiamare nel quotidiano come aspetti essenziali: lo spirito critico e la responsabilità.

Lo spirito critico fa leva sulla necessità di consapevolezza critica nell’analisi e nella lettura delle dinamiche mediali. Si tratta di un nodo centrale della Media Education fin dagli esordi, ma – è bene dirlo – oggi il lavoro educativo sui media non può accontentarsi di produrre competenze di analisi (pur essenziali). Ecco che serve introdurre un secondo aspetto che prende il nome di responsabilità.

Questo passaggio si è reso necessario da quando i dispositivi – miniaturizzati, diffusi, portabili, sociali, relazionali e presenti da quando ci alziamo a quando andiamo a dormire – sono diventati parte delle nostre azioni non solo in senso strumentale. Ce lo ricorda in maniera importante Pier Cesare Rivoltella quando dice: «(…) i media non sono solo strumenti funzionali, ma soprattutto oggetti culturali. La televisione non è solo un linguaggio o un apparato tecnico, ma un’arena simbolica nella quale lo spettatore-bambino o ragazzo negozia significati, vive parte della sua socializzazione, costruisce il suo sapere».

Il Sillabo, dunque, si prende carico di queste suggestioni attraverso cinque aree e rappresenta un riferimento importante per parlare e lavorare con i media a scuola, per tutti gli insegnanti:

  • Internet e il cambiamento in corso;
  • Educazione ai media;
  • Educazione all’informazione;
  • Quantificazione e computazione: dati e intelligenza artificiale

Per fare un esempio, se prendiamo come oggetto l’ambito della Media Education, avremo modo di affrontare tematiche come privacy, riservatezza e tempo, elementi chiave che ricorrono anche nelle aree successive, pensiamo a quella dedicata alla creatività come anche al lavoro descritto nell’area dedicata all’informazione (qui il nesso è dato dalla responsabilità di condivisione dei dati e delle informazioni che circolano sui nostri schermi).

Un ulteriore aspetto di valore del Sillabo è quella di consegnare alla scuola e agli insegnanti stimoli e spunti didattici di grandissimo valore, in funzione progressive. Se in una classe quinta della scuola primaria lavorerò con strategie unplugged (soprattutto immaginando di affrontare il tema dello spazio pubblico e privato nei social), in una classe terza della scuola secondaria di primo grado utilizzerò anche i materiali “vivi”, cioè tratti dalla loro attualità, andando in affondo su alcuni nodi che i ragazzi vivono più dei bambini.

La provocazione con cui ci lasciamo è la seguente: quanto può essere utile adottare il Sillabo pensato per la scuola in una realtà come quella del lavoro nelle parrocchie e del lavoro degli educatori e degli animatori?

 

Alessandra Carenzio